Allora, amico caro, per me è un immenso NO.Ma io so anche perché: a me James Ellroi smuove i nervi e, di conseguenza, come poteva piacermi La Dalia nera?!
Non c’era verso che mi piacesse ma se tu mi dici che è il tuo libro preferito io devo provare.
E non ci siamo.
Intanto a me l’ambientazione non piace: USA appena usciti dalla guerra, questa situazione di gangster e donne di facili costumi non è la mia.
Poi i poliziotti che sono pugili e pure questo non è il mio settore.
Devo dire che l’omicidio è ben costruito ma l’ossessione dell’omicidio: NO GRAZIE!
La cosa che, però, di più mi manda al manicomio é la prosa: piena piena piena di aggettivi; prolissa, inutilmente descrittiva; troppe parole per concetti semplici ed inutili.
Se tu in una pagina mi descrivi pure il numero di scarafaggi in una stanza, io immagino che serva ai fini della storia e invece?! Niente.
Muore una poco di buono (o almeno così sembra, poi scava scava -tipo a pagina 200mila- scopri che è una vittima delle circostanze) ma non muore solo, muore fatta a pezzi e poi per trovare il di lei assassino ci vogliono centinaia di pagine che, però, non vanno dritte allo scopo ma girano girano girano e non arrivano mai!
Tipo a tre quarti pensi “ok, l’abbiamo trovato” e poi scopri che c’è un altro capitolo ed un altro ancora e ancora e BASTA!!!
Il protagonista è un pugile ed un suo collega che costruiscono un triangolo con una donna. Tutto bene fino a che non muore la Dalia e l’ossessione per questa li destabilizza fino a distruggerli.
L’ho finito solo perché volevo vedere fino a che punto si può arrivare a scrivere cose inutili ai fini di una storia.
Poi, questi prendono aerei come fossimo nel 2017, secondo me nel 1947 qualche difficoltà (non fosse altro economica) ci doveva stare, o no?!
Ma propio, James, io ho provato; amico caro, io ho voluto darti fiducia ma grazie NO… prossima volta le pupe e I gangster ve li scrivete e leggete voi.
Passo ad altro.