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The oscar 2019 goes to…

Allora, mi tolgo subito il pensiero ed è ovvio che non vi parlerò delle statuette.

Non mi interessa a chi è andato quale Oscar perché non è di mia competenza dal momento che se hanno fatto vincere il criceto che ha interpretato Freddy Mercury e non Christian Bale per Vice è evidente che qualcosa in quel di Los Angeles non funziona. Sono sodisfatta invece che non abbia vinto Lady Gaga, se non per la canzone (che comunque trovo orribile) e Bohemian Rapsody. Mi riprometto di vedere al più presto Green Book, cosa che non ho ancora fatto perché la cabala mi è stata avversa.

Sono qui, invece, per parlare di vestiti.

Il mio Oscar va, lo assegno subito così ci togliamo il pensiero, a lui:Billy

Lui è Billy Porter in uno smoking firmato Christian Soriano: trovo bellissima l’idea e da donna invitata rosicherei perché avrei voluto indossarlo io questo smoking “gonnato”. GENI!

Bellissime le donne in rosa: Gemma Chan in Valentino, Helen Mirren in Schiaparelli e Julia Roberts in Eliee Saab. 

Mi è piaciuta 0 (ma forse io devo avere un problema con lei) Lady Gaga in un banalissimo Alexander McQueen, NERO: scusate ma quell’effetto “poggiamani” sui fianchi, stile manichino che ho in camera mia lo trovo orribile. Spiccava al collo un collier da 20 milioni di $ (20 milioni!!!) di Tiffany, guardare per credere.

 

Non mi sono piaciute (e mi dispiace perché in genere mi piacciono):

  1. Charlize in Dior, l’abito è bellissimo dietro ma davanti non le dona secondo me, senza contare che quel colore è una condanna a morte… in realtà è proprio color morte… per chi se lo chiedesse i gioielli sono di Bulgari;
  2. Emma Stone, sempre in Luis Vuitton, che ha finalmente capito che non le deve mettere tailleur perché non sta andando in ufficio ma con dubbi risultati;Emma
  3. Irina in Burberry, che io dico per non farla risultare una dea ce ne vuole e ci sono riusciti, segnalo che la poverina si è dovuta fare il red carpet con marito e suocera… e infatti la faccia di lei la dice lunga (devo pensare, comunque, che Bradley abbia preso tutto dal papà, considerata la mamma!); Irina
  4. Glen Close, che mi ha cacciato un effetto Ferrero Rocher (o proprio statuetta dell’Oscar) in Carolina Herrera;Glen
  5. Chiara Ferragni, in Valli, perchè mi è piaciuta di più, sempre in Valli rosso, quando ha fatto da madrina ad Eurodisney che qui dove quel fiocchetto mi fa troppo ballo delle debuttanti:

    Ok, direi che posso fermarmi qui. Aggiungo solo: vincitrice Oscar per attrice protagonista (Olivia Colman) in Prada, per me è un NO; mentre attrice non protagonista (Mahershala Ali per Green Book) in Oscar de la Renta per me è un sì.

    Bene, ci vediamo l’anno prossimo. Tanti saluti.

Bohemian Rhapsody

Io ho visto Bohemian Rhapsody.

Non dovevo farlo perché mi è “partita la ciavatta” e vi racconto perché.

È troppo facile fare un film su un mito ed è troppo difficile farlo male.

Ci sono riusciti.

Dopo i primi 5 minuti il protagonista mi ha urtato così tanto il sistema nervoso che mi ha indisposto tutte le 2 ore di film.

Ok, Freddy aveva i denti un po’ sporgenti ma non era una caricatura.

Se vuoi approcciare un mito non ne devi fare una macchietta, lo devi rendere credibile e per me il tipo non lo è.

Due ore lunghe, noiose, con gli unici spazzi di emozione dati dalle canzoni, dalla musica, ma troppo facile se la musica in questione è quella dei Queen.

Ci mancherebbe pure.

Devo dire che il resto della band é riuscito meglio, soprattutto il chitarrista, Brian May: uguale e per niente caricaturale.

Per il resto: NO, su tutti e tutto.

Non mi è piaciuto niente a parte gli ultimi 20minuti, quelli sì emozionanti ma grazie tante trattasi del Live Aid a Wembley. Sono 20 minuti di pura musica, quella dei Queen, 20 minuti di emozione, 20 minuti che risollevano un film inutile e fatto male; 20 minuti che se cerco su YouTube posso guardare tutti i giorni dalla viva voce del protagonista, Freddy Mercury, quello vero, il mito, l’icona di stile, il genio della musica.

Quei 20 minuti arrivano alla fine di 2 ore di supplizio e ci credo che la gente esca dal cinema emozionata, lo ero anche io ma l’emozione te la dà la musica non un film inutile e fatto male che si sta approfittando di un personaggio unico che ha cambiato la storia della musica.

Per carità.

The dogman

Beh, ragazzi, io non so darvi la definizione di “capolavoro” ma se un film ti tiene con il fiato sospeso per almeno tre quarti della sua durata; se quando finisce stai mezz’ora con le palpitazioni per lo sforzo di portare quel peso; se quando ci ripensi ti viene da dire “raramente ho visto un film di tale intensità”, allora forse ho visto un capolavoro.

The dogman è questo.

E’ un film di un’intensità tale da lasciarti senza parole e senza fiato.

Non tanto la storia che richiama, neanche troppo lontanamente, quella del canaro della Magliana, quanto la recitazione dei personaggi, l’atmosfera che vivono, il clima che c’è, il luogo dove stanno, la sporcizia (intesa in senso lato) della situazione.

Lui è straordinario, eccelso, bravissimo. Riesce ad essere di una dolcezza sterminata e di una ferocia efferata nel giro di un paio di scene. Secondo me la Palma d’oro non basta, ci vuole l’Oscar.

Penso che nella vita chiunque prima o poi potrebbe essere Marcello e la bravura di Garrone è quella di farti affezionare al personaggio, renderlo empatico, descriverne la dolcezza, la gentilezza, l’amore che prova per gli animali e la figlia, e poi spiazzarti con la sua ferocia, che però non dico che giustifichi (questo mai) ma in qualche modo comprendi.

La storia in sé non dice niente di eclatante, nel senso che è la storia di un omicidio, efferato come ne sentiamo (ahimè) ogni giorno. Mi sono documentata un minimo ed ho letto qualcosa sul canaro della Magliana ed effettivamente la storia è la sua, meno cruenta, meno efferata nella descrizione dei dettagli ma senz’altro la sua. Non ambientata alla Magliana ma in quel di Castel Volturno, in un posto che fa concorrenza a Scampia per lo squallore.

Lui, Marcello, è un povero cristo che, nel suo piccolo, si è creato una posizione; ama i cani alla follia e vi dico che il trailer è ingannevole perché nessun animale viene in nessun modo, non dico trattato, ma neanche guardato male; e poi c’è Simone, un cristone, invece, drogatissimo, pugile, che ne commette di ogni e Marcello, suo malgrado, lo subisce.

Il film però non mi ha lasciato la sensazione di Spartaco che rompe le catene, non c’è nessuna rivalsa nella morte, nessuna liberazione; solo una disperazione infinita, feroce, tragica.

La potenza del film è questo senso di smarrimento che ti lascia, questo profondo senso di giustizia inespresso, questa sensazione di sconfitta da tutti i punti di vista. Ti fa affezionare ad un personaggio che sbaglia e tu con lui, perché penso chiunque in un angolo remoto del proprio cervello, guardando, abbia pensato “e però, te la sei meritata Simo’!” e un secondo dopo, come Marcello, pensi “e adesso, che ho risolto?! Tutto questo ho fatto e per chi?! Per cosa?!”.

Sconvolgente, non mi vengono altri aggettivi.

E tutti straordinariamente bravi i protagonisti: Marcello, vabbè, oltre la bravura; ma anche Simone fa decisamente più del suo; e tutti i comprimari: i due bravissimi di Suburra, la bambina, i cani tutti.

Insomma, Garrone non delude, anzi per me è da standing ovation.

Attendo Vostre.

 

Oscar 2018

In questa mattinata uggiosa e triste per il popolo italiano mi sento di dovervi parlare di  cose serie.

Vorrei affrontare con voi i look della notte degli Oscar 2018.

Incredibile ma vero: Armani, che ha vestito svariate star, per la prima volta in vita sua mi ha deluso con il vestito della Kidman:

Kidman

(belle le scarpe Laboutin però)…

e di quella cessa protagonista di La forma dell’acqua:

Cessa

(le spalline, la non scollatura, il colore… tutto NO!).

Male anche Valentino con quella dei 3 manifesti:

3manifesti.png

… ma ti vuoi dare una cazzo di truccata e una pettinata soprattutto… ma che cos’è?!

La mia vincitrice è lei:

Winner

 

Mi piace tutto: vestito (Chanel), capelli, borsa, orecchini. Direi PERFETTA, anche se ignoro chi sia.

Non vorrei commentare la Hayek in Gucci… ma mi corre l’obbligo di lamentarmi del lampadario:

Hayek

Vuitton, invece, forse pensava che Emma Stone dovesse andare ad un convegno  e le ha disegnato un tailleur da donna in carriera, che manco ai cani:

Vuitton

Sempre top la Streep in rosso Dior:

Meril

… anche se, forse, faceva bene a farsi una manicure:

Manicure

Per il resto, ragazzi miei, tutto già visto… molti abiti di questo tal: Cristiano Siriano che, francamente, non mi pare dirci nulla di nuovo:

Siriano.PNG

In chiusura ho bisogno di farvi vedere lui che per me doveva vincere tutto e che si è presentato con la mamma, ELIO, in Berruti:

Elio

… da Hollywood è tutto, a voi studio.

Chiamami con il tuo nome

La verità vera è che non bisognerebbe mai vedere il film di un libro che si è letto.

Mai.

Soprattutto se si considera il libro in questione un capolavoro.

Io vabbè, adoro leggere (lo sapete) ed è una cosa che adoro perché quando entro in un libro, il film in testa lo faccio io: i volti dei protagonisti, le ambientazioni, la musica di sottofondo, i colori, i sapori, le cose non dette, i sentimenti. Tutto. Ed è bellissimo.

Detto ciò, sapete quanto abbia amato Chiamami con il tuo nome.

Sapete anche che Guadagnino è candidato a vari Oscar per il film tratto dal libro.

Al di là del fatto che, secondo me, non è abbastanza evidenziata la questione che il film sia tratto da un libro, non potevo esimermi dal vedere il film.

Capisco la candidatura agli Oscar, è proprio uno di quei film italiani che non può non piacere agli americani: la bellezza dell’Italia, le chiacchiere estive, l’archeologia, i colori, la lentezza delle scene sono tutte cose che non possono non ricordare i grandi maestri che hanno visto primeggiare l’Italia nel cinema mondiale.

Guadagnino è stato molto bravo a cogliere delle sfumature del romanzo; poi l’attore protagonista (Elio) è di una bravura sconcertante (l’Oscar lo darei a lui se fosse possibile); ancora, la cura dell’ambientazione anni ’80 è da applauso; bellissime anche le location ma… sono piena di ma… fondamentalmente perché il libro è proprio un’altra cosa. 

Intanto, la montagna non è il mare, caro Guadagnino, e già solo questo mi ha urtato. Un’estate al mare per un adolescente, non è come un’estate in campagna per quanto l’adolescente possa essere particolare. Poi, non vorrei spoilerare troppo ma, per come l’ho letto io, Elio non scopre la sua omosessualità scopre la sua sessualità nel libro che è cosa ben diversa. L’ossessione prima e la passione di Elio poi non può essere resa dalle immagini, ma questa non è colpa di Guadagnino.

Non so, carissimi, non so che dirvi. Ovviamente auguro tutto il bene possibile a Guadagnino, incrocio le dita per lui ma il film non mi ha convinta anche al di là del libro. Troppi richiami, troppe cose già viste, troppo Bertolucci, troppo di tutto.

“Chiamami con il tuo nome ed io ti chiamerò con il mio” per quanto mi riguarda rimane una delle dichiarazioni d’amore più bella di sempre ed è bellissima la scena del film in cui se lo dicono, se vi basta questo andate al galoppo, diversamente desistete.

Leggete il libro piuttosto che ne vale sempre più la pena.

 

Gli Oscar 2017

Sapete già…io non riesco, nei grandi eventi, a non andarmi a spulciare i look delle star.

Quale migliore occasione degli Oscar? Credo non ce ne siano altre.

Io quest’anno non sapevo neanche che fossero stanotte, ho proprio perso la cognizione del cinema mondiale quindi non ne so niente. Stamattina, però, come non andare a sbirciare tra i look delle star?! Chi sono io per tirarmi indietro?! Nessuno, infatti procedo.

Annotazione di massima: chi più chi meno mi hanno fatto abbastanza schifo! Non arriverò mai a capire come potersi presentare alla serata dell’anno impacchettate in abiti improbabili. Non lo capirò mai, ma andiamo con ordine.

La vincitrice: Emma Stone si presenta con un vestito dorato che “manco a li cani” ma come ti è venuto, cara la mia Mason Givenchy, di mettere il dorato ad una rossa, per giunta con un sacco di roba?! E c’è il dorato e c’è il pitonato e ci sono i ricami e ci sono le balze… e mancavano le piume e stavamo apposto!

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Sulla stessa linea dello scempio, i primi premi vanno a: la Biel, che è una gnocca infinita, in una carta da cioccolatini accollatissima di Kaufman Franco (e chi sa chi è alzi la mano!); Amy Adams in Tom Ford che si becca un perfetto e tondo tondo NO; così come un netto NO va a Scarlett Jhoansson con un prato fiorito addosso in un vestito che la valorizza ZERO; pure la mia adorata Charlize è riuscita a mettere troppo di tutto, in un Dior, pieno di pieghe, dal taglio piuttosto banale e con due lampadari all’orecchio di Chopard di cui si poteva fare tranquillamente a meno; ancora NO a Dakota Dornan in un Gucci, pure questo dorato (e non so che gli è preso quest’anno con l’oro!) che si è pure infiocchettato per l’occasione: PERCHE’?! Vi dico solo che mi ha deluso pure Armani Prive’ su Nicole Kidman: un centrino scolorito!

E vabbè. Forse, è andata anche peggio a Salma Hayek in Alexander McQueen; Ginnifer Goqodwin (che mi chiedo cosa ci sei andata a fare dal momento che ti conoscevano in 2 e ora, a seguito del look, ti conosceranno in molti di più) e Chrissy Teigen in Zuhair Murad, che deve essersi ammalato gravemente per produrre ‘ste brutture; Octavia Spencer in Marchesa, ora ad Ottavia va senz’altro il “premio coraggio” ma io dico: hai la fisicità di una polpetta mi chiedo: “puoi mettere le piume a risaltare le forme?!” ma no, dico io, non si fa…il vestito pure bello ma non addosso a te: abbi pietà!

Vi butto lì la tematica “Meril Streep” che pare si sia rifiutata, perché voleva soldi per farlo, di indossare l’abito preparato per lei da Chanel, del valore di €100.000 . BAH!!! Si è presentata così… stava benino direi ma non sapremo mai cosa le aveva confezionato la mitica Mason:

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E ora, però, vi dirò le mie preferite… perchè qualcuna c’è stata: Viola Davis, perfetta in rosso Armani; Michelle Williams (che adoro per tutto, in primis per il taglio di capelli!) in Vuitton e Karlie Kloss in Stella Maccartney

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Vabbè, amici, mi fermo qui… potrei aprire una parentesi sulla capoccia di Halle Berry, in Versace ma la chiudo prima di aprirla, vi dico però che richiamava il marchio della casa di moda, guardare per credere…

Bene, all’anno prossimo… come dite?! I film?! Boh, che c’entrano i film?!?!

Torniamo in Stanza? 

Ora io lo so che Di Caprio aspettava questo Oscar da tanto tempo, lo so, ma penso che all’Academy quest’anno abbiano sbagliato tutto perché chi veramente meritava l’Oscar era il bimbo protagonista di Room. Ve lo dico, ve lo scrivo, ve lo sottoscrivo. Insomma, faccio quello che vi pare ma doveva essere lui.

Davvero bravo, brava anche la mamma e, infatti, l’hanno premiata.

Un film angosciante, claustrofobico ma anche tenero e commovente. 

Un film che va visto.

Ma partiamo dall’inizio.

Room è la stanza dove vivono rinchiusi da 5 anni (per il bimbo) e 7 (per la mamma), madre e figlio appunto, tenuti prigionieri da un maledetto.

Room è la prigione per la mamma ed il mondo del bambino che pensa che quello sia tutto ciò che si può vedere nella vita perché fuori di lì c’è l’invalicabile cosmo.

La mamma ha creato per Jack un mondo con Stanza, Armadio, Lavandino, il serpente di uova, rendendo protagonista tutto quello che può esserci in 10mq; fino a che non ne può più e comincia a raccontare la verità al bimbo permettendo loro di salvarsi.

Come mi ha detto chi si è documentato prima di entrare al cinema, il film è diviso in due parti: dentro e fuori la stanza.

E il fuori può essere peggio del dentro se non te la sai gestire.

In alcuni momenti sembra che dentro era tutto più facile, che il mondo di dentro sia davvero la soluzione.

Il bimbo è sensazionale: bravo bravo bravo. Espressivo, nella parte; vi dico: bravo! 

Gli altri sembrano comprimari a lui o forse, proprio perché così piccolo, fa più impressione.

Non è un film da vedere a cuor leggero, se non state in forma vedetene un altro perché in alcuni pezzi pensi di non farcela a proseguire: l’angoscia di quando stanno chiusi dentro; l’ansia della liberazione; la paura del non riuscire a farcela fuori.

La liberazione ed il ritrovamento trattati un po’ superficialmente, forse, ma va bene perché non interessano ai fini della storia.

La storia è altro: il rapporto madre e figlio; madre e carnefice; madre e media; madre e nonni del bimbo; bimbo e la stanza; bimbo e il mondo fuori.

Lui che è ancora “plasmabile” se la caverà?! E la mamma reggerà il ritorno al vivere civile?! Bè io lo so, ora scopritelo voi.

Due è già troppo

Era un po’ che cercavo qualcosa di moda su cui scrivere.
Troppi input: sfilate, saldi, insomma cose varie.
E poi, apro instagram e la vedo.
L’avevo voluta ignorare ai Golden Globe perché ho pensato ad una scivolata ma due su due no, non te le posso perdonare!
E che cavolo!
Di chi parlo?! Ma di Rosamund Pike.
Chi è?! La bravissima attrice di cui ho già parlato per aver interpretato magistralmente L’amore bugiardo.
Bene, sei molto brava, anche molto bella.
Ora, con quei due soldi che hai guadagnato, prendi immediatamente uno stylist e fatti guidare perché, bella mia, anche l’occhio vuole la sua parte!
Ma io dico come, come t’è venuto di indossare ai Golden Globe codesto vestito di Vera Wang (quello a sinistra) ?! Ti prego!
Perché mai?! Sei pure una bella donna, perché ti devi così mortificare!
Dice: “e va bé, ma due mesi fa è diventata mamma” … e a maggior ragione: ti vesti di bianco (che notoriamente ammazza!) e ti metti senza reggiseno (che a due mesi dal parto sei notoriamente una mucca da mungere!)!
Ma io dico: una mamma, un marito, un parente stretto, un’amica che ti dica “ma come cazzo te sei vestita?!” Non ce l’hai?! E se non ce l’hai, pagalo uno che sia sincero con te!
E va be, una te la fa passare.
Poi: altra serata di gala, altro Red carpet, altro stilista (Valentino), vestito stavolta bellissimo e tu che fai?! Di nuovo bianco e di nuovo con un reggiseno sbagliato?!
Ma dai, ma porca la paletta zozzissima!
Rosamund, scrivimi; giuro, ti rispondo; scrivimi!
Visto che la prossima serata saranno gli Oscar evitiamo di fare figure di merda: SCRIVIMI!!!!

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Il capitale disumano

Apprendo ora che Il capitale Umano di Virzì è il candidato dell’Italia agli Oscar. Quando l’ho visto ho scritto questa recensione e, dato che l’anno scorso ho fatto la stessa cosa con La grande bellezza, ve la ripropongo. Chissà che non porti bene!
“Metti una domenica pomeriggio al cinema; metti che per arrivarci becchi l’uscita dallo stadio; metti che quando arrivi c’è il delirio di gente; metti che l’amico tuo trova l’ultimo biglietto disponibile; metti che fai 20 minuti di fila perché il cinema che hai scelto (Nuovo Sacher)non ha i posti numerati; metti che quando finalmente ti siedi pensi: dopo tutto ‘sto casino speriamo che ne valga la pena! Metti che alla fine ti alzi e pensi “dopo tutto ‘sto casino ho visto un bellissimo film!”.
Il capitale umano è questo: davvero un bel film, uno di quelli che ti alzi, esci dal cinema, mangi una pizza, torni a casa e ci ripensi.
Uno di quei film che non ti lasciano.
Virzì mi fa più o meno sempre questo effetto ma questo film ha qualcosa in più.
A parte il fastidio iniziale di sentir parlare (da romana) il dialetto “leghista” (perché non si può parlare di milanese, è qualcosa di più) il film è costruito benissimo.
Fondamentalmente un giallo. dal momento che da un episodio di cronaca si dipana una matassa che porterà a scoprire un colpevole, attraverso la narrazione dello stesso episodio con gli occhi di tre dei sette protagonisti.
Ambientazioni grigie; case lussuose; attori bravissimi:
Bentivoglio è una garanzia, bravo bravo bravo;
Valeria Bruni Tedeschi per me una rivelazione. Davvero brava nella parte della signora bene ignara degli affari del marito, della vita del figlio, un po’ svampita nella sua vuota vita ma che, alla fine, risulta fondamentale nella risoluzione della vicenda;
– brava e bella anche Serena, la figlia adolescente di Bentivoglio che si innamora, disinnamora, protegge, scopre… insomma vive situazioni decisamente più grandi di lei;
– bravo anche Gifuni nella parte del magnate senza scrupoli.
Insomma, bravi tutti (Golino compresa).
Io adoro i film in cui episodi uguali vengono narrati con occhi diversi; scoprire la verità guardandola da vari punti di vista, ma non è facile, bisogna saperlo fare, e Virzì ci è riuscito benissimo.
Al di là della storia resti, peró, basito dall’analisi cruda della nostra società anche se poi non manca un filo di speranza nel finale… ho scritto “speranza”?! Va bè, forse.”

in bocca al lupo, Paolo.