La capacità di Antonio Manzini di uscire dalla sua confort zone di Rocco Schiavone è straordinaria.
È il secondo libro suo che leggo, ma forse che scrive, fuori dalla serie di Rocco e vi devo dire che ne rimango sempre strabiliata.
Che bel libro, belli miei.
Quante emozioni, quanti pianti, quanti nodi in gola in queste pagine.
Antonio Manzini ha una capacità straordinaria di raccontare l’amore genitoriale, quell’amore che ti fa uscire di senno, che ti toglie la vita se non può essere più ricambiato, quell’amore che ti riempie, che ti fa fare cose insensate, che ti riscalda, che dà senso alla vita.
L’avevo già detto con l’altro libro (Orfani Bianchi) che era stata una scoperta straordinaria, questo libro è stata una conferma.
Tosto, potente, emotivamente impegnativo.
I protagonisti, Nora e Pasquale, sono legati da un amore profondo e perpetuo per il figlio che, purtroppo, non c’è più. Il libro racconta come questo tipo di tragedia possa avvicinare e dividere, far impazzire e rinsavire; come il dolore possa scavare solchi profondi e ricucirli.
È stato tragico e bellissimo entrare nel dolore dei protagonisti: in quello più composto di Pasquale e in quello straordinario e devastante di Nora.
Vi dico EMOZIONANTE, straordinariamente emozionante. Ho pianto diverse volte e ringraziato Antonio per questo regalo.
Leggetene tutti, vi servirà.
PS: in questa assenza ho letto anche De Giovanni con la sua Mina a settembre che sempre vale la pena.
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