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Sconosciuti sì, perfetti forse

E finalmente un sì!

Finalmente mi sono data pace con il cinema ed ho visto un film degno di essere visto.

Ero terrorizzata perché dopo tutta la pubblicità vista per un mese, dopo tutta la sponsorizzazione e l’aspettativa creata temevo la delusione. E invece no, Perfetti sconosciuti, è davvero un bel film. Assolutamente da vedere.

Genovese mi aveva entusiasmato con Immaturi, deluso con Tutta colpa di Freud e lo aspettavo al varco con questo: ha mantenuto le aspettative. Non ha sbagliato niente. Ma niente proprio: gli attori, la  casa, i dialoghi, la storia, il finale. Un gioiellino di film.

Per quei quattro che ancora non conoscono la trama vado a narrarla.

Sette amici si incontrano a cena di una delle coppie del gruppo e qui decidono di fare un gioco: lasciare ognuno il proprio telefonino sul tavolo per sfatare il mito della schiavitù di quelle che ormai sono diventate le “scatole nere” della nostra vita.

Pensate di farlo voi?! Non avete nessun segreto?! Non credo.

E allora immaginate cosa succede nella vita di: una coppia con due figli piccoli; una coppia appena sposata; una coppia collaudata con una figlia adolescente; un amico forse single.

Di tutto, di più di tutto, l’apocalisse.

Il tutto, però, raccontato in maniera: divertente, spensierata, triste, malinconica, allegra, bizzarra.

Gli attori sono quasi il meglio che il cinema italiano possa offrire in questo momento e non era facile reggere il film: tante parole, tante situazioni, pochi spazi per muoversi. Anzi nessuno. Poca musica. Solo parole e sguardi e facce e gesti.

Eppure sono tutti bravi, tutti nella parte: quando squilla il telefono sembra davvero che nessuno sappia cosa sta per succedere. Le donne tutte belle, semplici e perfette (adoro il vestito della Foglietta, vorrei essere la Smutniak in quei jeans e con quelle scarpe) per una cena tra amici; gli uomini tutti bravi ,ma una menzione speciale va al solito (bravissimo)  Mastandrea che é comico, drammatico, in una parola BRAVO; e a Giallini che è perfetto nella parte del marito e padre devoto e fedele (suo uno dei pezzi migliori del film a telefono con la figlia).

Ma bravi sono tutti. Non c’è niente da dire.

E bravo è stato il regista a non sbagliare un colpo nemmeno nel finale.

Da vedere e da ascoltare perché più di una volta ho immaginato di prendere carta e penna per segnarmi le frasi che, a turno, hanno lanciato lì sul tavolo. Su tutte la mia preferita è “volevo essere libera poi è arrivato lui e mi ha fatto credere che potevamo essere felici” eh…

Allora facciamo che stavolta sì, andate al cinema, e andateci con carta e penna e quando tornate mi scrivete la vostra frase preferita.

Perché al cinema dovete andare. Perché il film merita. Perché non ve ne pentirete, anzi mi ringrazierete. Bravo Genovese, bravi tutti.

 

Torta di noi

Silenzio in sala, titoli testa, nome del regista “Zanasi” e quello accanto a me che dice “e chi è questo?!”.

Ed effettivamente neanche io lo conoscevo ma dopo averne visto il film, La felicità è un sistema complesso, penso rientrerà nella rosa dei miei registi preferiti.

Ma che film ha fatto?! BEL-LIS-SI-MO!

Non è che mi è piaciuto, di più… molto di più!

Mastandrea, in stato di grazia, è uno che conquista per poi fregare Amministratori di Società inconcludenti, disfattisti, fondamentalmente “Figli di papà” per affidare tutto nelle mani di un’altra Società gestita da un padre despota ed un figlio drogato.

Brutto lavoro ma fatto con estrema professionalità.

Scusate la colta citazione ma mi ha ricordato il lavoro di Richard Gere in Pretty woman e lì arriva la Roberts per fargli cambiare stile di vita e lavoro.

Qui non arriva la Roberts ma diciamo un trio: FIlippo e Camilla, due ragazzi sventurati che perdono i ricchissimi genitori in un incidente stradale; e la ex fidanzata del fratello, israeliana, mezza matta, che dorme sul pavimento e mangia noccioline.

Il trio in questione smuoverà quello che già si muove da 5 anni nel protagonista, ossia l’insoddisfazione per quello che sta facendo e che lo porterà a cambiare vita.

Ora la storia va bene, ci siamo: carina, non banale, ben costruita ma quello che fa la differenza del film sono, secondo me, tre elementi: gli attori, la regia e la musica.

Gli attori. Ho già detto che Mastandrea è in stato di grazia: bravo bravo. Simpatico, ironico, drammatico, divertente. Tutto quello che gli si richiede per la storia. Davvero grande prova. Come bravi sono il solito Battiston, che adoro; i due ragazzi, provati dal dolore ma nella parte; la ex del fratello, mezza depressa, ma fondamentale per la storia.

La regia. Io ora non è che me ne intendo, non è che posso farvi un trattato di cinematografia sulla regia perché non lo saprei fare ma quello che posso dirvi è che se le inquadrature, alcuni passaggi (tipo l’inquadratura che gira come l’automobile in fondo al lago) hanno colpito me che non ci capisco una mazza, e che in genere non faccio caso a queste cose perché seguo più che altro la storia, penso che la regia di questo film sia un pezzo forte: finalmente qualcosa di innovativo all’orizzonte.

E poi la musica: perfetta, costante, originale, azzeccata. La musica è davvero quell’elemento in più che ti fa apprezzare il film. Nessuno nella sala si è alzato ai titoli di coda perché tutti aspettavano di leggere i brani utilizzati nel film. Se avesse preso internet in sala, sarei stata attaccata a Shazam tutto il tempo. Standig ovation per la scelta.

Detto questo due annotazioni:

  • Trento, protagonista indiscussa di film italiani nelle sale. Qui è stato girato “Loro chi?” e qui è stato girato questo film. A questo punto vale la pensa di visitarla, ritengo.
  • E’ il terzo film italiano che vedo di seguito e l’unico non sovvenzionato perché evidentemente non ritenuto di “interesse nazionale” dal Ministero. Bene, vorrei conoscere chi dà queste sovvenzioni per spiegargli quanto non ci capisce una mazza di cinema.

Ora, domani è festa, non prendete impegni ed andate a vedere questo piccolo capolavoro.

Buona visione.