Come già sapete, dopo un libro che mi ha deluso devo tornare a casa: laddove per “casa” intendo quei libri di cui già conosco i protagonisti, le ambientazioni, l’atmosfera.
Quei libri con i quali è come rifugiarsi da un amico.
Sapete anche che ho da poco scoperto il commissario Bordelli di Vichi e, quindi, non potevo esimermi dall’acquistare il secondo libro della serie che è Una brutta faccenda.
Non so perché ad un certo punto tutti gli scrittori che si interfacciano con i gialli, i noir, devono affrontare l’argomento “omicidio bambini”: l’ha fatto De Giovanni, per esempio, sia nei Bastardi che con Ricciardi scrivendo – tra l’altro- i miei libri preferiti delle due serie.
Anche Vichi non è stato da meno e qui cerca di trovare un brutale assassino di bambine, ma anche quello di un suo amico ladro… chissà se saranno collegati?!
Vi dico: il libro scorre un po’ meno del precedente, forse perché l’argomento è talmente brutale che c’è davvero poco da ridere. Ci sono tantissimi (forse troppi) flashback sulla guerra, i tedeschi, i nazisti.
C’è un’incursione, però, anche nella vita privata del commissario che si dà da fare sebbene fumi una quantità esagerata di sigarette e davvero sfido una donna ad avvicinarcisi. Non riesco ancora a figurarmelo, sicuramente mangia come uno sfondato ma non mi so ancora immaginare se e quanto sia affascinante; emerge anche la figura di Piras, che è un po’ più che comprimario (vedi episodio cappelli).
Insomma, la primavera fiorentina che tarda ad arrivare in un marzo piovoso appassiona, indigna, affascina.
Bordelli mi piace, anche se a volte le escursioni in guerra sono un po’ faticose.
Ora stacco da lui e vi farò sapere del terzo libro a breve.
Buona lettura.