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Urlo di Munch!

No ma dico, de Giovanni, mica sarai pazzo?!

Ma che si finisce così un libro?! Ma che mi lasci con il cuore in gola con questa storia del bambino che non voglio immaginare neanche come va a finire?!

E ti credo che, prima di Ricciardi, facciano una fiction con Lojacono perché sembra di vedere un film quando leggi.

E che cavolo.

Buio per i bastardi dì Pizzofalcone é un film.

Le descrizioni sono così accurate che stai nel libro.

I personaggi così delineati che li potresti disegnare.

E però non si fa così, non si lascia il lettore con questa angoscia terribile.

Dodo, 10 anni, viene rapito durante la gita in un museo.

Una famiglia ricca e disastrata lo cerca, spera di trovarlo, si dispera.

Mamma, padre, nonno cattivo, compagno della madre inutile, segretaria del nonno strega, tutti (alla fine) legati da un unico interesse: Edoardo, detto Dodo.

Non si trova, lui accucciato in una stanza buia con il suo Batman in attesa che quel grandissimo eroe di suo papà lo venga a recuperare.

Povero Dodo, poveri Bastardi alle prese con un caso che sembra più grande di loro ma che non lo é perché loro fanno gruppo.
Ognuno dei bastardi si mette al servizio dell’altro per trovare una soluzione, per cercare un colpevole e anche il nostro Lojacono, che sembra interessato ad un altro caso, avrà il suo peso.

Non vi posso dire quanto sono sconvolta dalla fine di questa storia, non vi posso dire quanto mi ha lasciato con l’amaro in bocca e benedico il Kobo che mi ha permesso di comprare il libro successivo senza manco dover uscire di casa.

Non ci posso pensare a che impiccio sta intorno al povero Dodo.

Non si fa così, però caro il mio Maurizio De Giovanni, non si lasciano i lettori appesi ad un filo prendendosi anche la libertà di divagare sul mese di maggio e sul buio e sulla notte.
Non si fa.
Non é corretto.

E niente, non mi riprendo… scusatemi, devo buttarmi nel successivo  con la speranza di capirne qualcosa di più.
Vi aggiorno.

Tutta la vita davanti 

E ora sono un po’ in difficoltà per due motivi.

Il primo é che mi ero ripromessa di iniziare tra un po’ un’altra saga letteraria, per disintossicarmi, diciamo così. E quindi, pur avendo già acquistato due dei libri dei quattro di cui é composta la saga di Lojacono di De Giovanni, ci ho messo un po’ ad iniziare. 
Poi, un po’ perché il libro che stavo leggendo mi faceva orrore, un po’ perché ho letto che Lojacono avrà il volto di Gassman nella fiction televisiva, non ho potuto aspettare oltre e finalmente l’ho cominciato e finito in una mattinata.

Il secondo motivo di difficoltà é che sono stata accusata da un mio amico di scrivere che i libri li leggo di un fiato, o che mi lasciano senza fiato, e allora ora non so come esprimere a parole le modalità di lettura di questo che é, a tutti gli effetti, un giallo.

Il libro é Il metodo del coccodrillo di Maurizio De Giovanni, che ho imparato ad amare grazie al Commissario Ricciardi.

Qui protagonista é, appunto, l’ispettore Lojacono mandato diciamo “al confino”, per una brutta storia, da Agrigento a Napoli: lontano da moglie, figlia, affetti vari che comunque lo hanno ripudiato.

E così si trova da solo in una città di mare ma ostile rispetto alla sua a giocare al solitario del Pc, in compagnia del compagno di stanza Giuffré, in quanto allontanato dalle indagini attive.

Fino a che non arriva una telefonata proprio mentre sta facendo il turno di notte e le cose cambiano. 

Lojacono esce piano piano: burbero ma non troppo; stropicciato ma piacente; silenzioso ma aperto. 

Un buon poliziotto che non può non fare il suo lavoro quando gli si presenta l’occasione, subito colta da chi dirige le indagini: la bella dott.ssa Laura Piras, sarda e con un passato non proprio felice alle spalle.

E così, passo dopo passo, ricostruiscono il puzzle e scoprono il coccodrillo. 

Brutta e triste storia. Tanto dolore, tanta sofferenza, tanto amore che porta ad una spietata vendetta. 

É avvincente seguire le indagini che De Giovanni segue più direttamente e in maniera più dettagliata che con il Commissario Ricciardi: lí c’é più cuore nel descrivere; qui il cuore c’è sempre ma le indagini sono più precise, cercare l’assassino é più necessario, più urgente.

Ovviamente mi é piaciuto, ma deve essere proprio che mi piace come scrive De Giovanni e non lo dico tanto per piaggeria, lo dico perché scrive in un modo secco, pulito, senza troppe sbavature, senza troppi giri di parole, dritto al punto che é poi quello che si richiede quando si deve risolvere un giallo. No?! O almeno io la vedo così. 

E non voglio essere il Fazio delle recensioni ma semplicemente se un autore non mi piace non gli do più di tante possibilità.  Per esempio, il libro che stavo leggendo, di Carrisi, hai voglia a rimanere sul comodino, perché non so se avrò mai voglia di finirlo ergo scriverne male. Non ne vale la pena.

Vale, invece, la pena di consigliare questo, di spingervi a lasciarvi catturare da una corsa al colpevole che non é detto vi farà arrivare in tempo… Mannaggia i contrattempi, tipo i reality… Capite a me!