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The end

Temo sia arrivato il momento di farmi un fidanzato dal momento che la sera non vedevo l’ora di andare a letto per farmi coccolare dalle pagine della Ferrante.

Ho divorato il libro (Storia della bambina perduta) fino alla metà salvo poi cominciare a rallentare per la tristezza di finirlo.

Che brava, che bello, che piacere leggere queste pagine.

La Ferrante (chiunque essa sia e, ve lo dico, non mi interessa) sa catturare, avvinghiare, in due parole, come vi ho già detto, sa scrivere!

Siamo scesi dall’aereo con Lenù e Nino e abbiamo cominciato con loro a vivere una bellissima storia d’amore fatta di viaggi, litigate, gelosie, successi, sconfitte, figli, mogli, amiche ingombranti, e tutto a questo torna nel racconto di Lenù, tutto torna all’amica ingombrante: Lila.

Lila che si riprende l’amicizia e la vita di Lenù, che torna a Napoli e soprattutto, nel rione.

Succede veramente di tutto in questo quarto ed ultimo libro: Lila si afferma nella sua professione con i computer, Lenù come scrittrice; aumentano i figli: Lenù mette al mondo Imma e Lila Nunzia detta Tina (dalla mia omonimia con la bambina posso dire: porella!); Nino si scopre essere per quello che è; i Solara fanno la loro degna fine; Lila con i figli è quanto meno sfortunata; Linù, di contro, decisamente fortunata o forse non si tratta di fortuna ma di quello che nella vita ha costruito, a differenza dell’amica condannata all’infelicità per il suo modo di essere.

E’ cattiva Lila?

Non so dirvi: per tutta la saga si gioca sull’ambiguità di questa figura che forse è solo un’indifesa, una che attacca per difendersi, che non ha avuto possibilità eppure cerca un riscatto dalla vita e dal rione; o forse no perché arriva ad un punto della sua vita in cui vorrebbe solo cancellare il suo nome, perché non vuole più bene a nessuno e nessuno vuole più bene a lei.

Quello che so è che quando ti accorgi che stai per finire il libro cominci a pensare che no, che non ti va, che era tempo che non leggevi qualcosa di così coinvolgente.

Quello che so è che sta per arrivare una fiction sul libro ma niente potrà dare voce e immagini migliori a quelle che la Ferrante stessa ha costruito con la sua abile e fantasiosa scrittura.

Quello che so è che va detto un “BRAVA!” grosso come una casa a lei e va fatto un invito a grandi e piccoli, uomini e donne a lasciarsi toccare, catturare, avvolgere da questa meraviglia.

Entusiasmo!

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Il cerchio non si chiude

E niente, cerchiamo la Ferrante e picchiamola! Ma come si fa a finire una trilogia così??? Ma sei pazza subito! Una comincia il primo libro, pensa “adesso vado avanti, vedrai che il cerchio si chiude” e poi passi nel secondo e resti appesa e poi finisci il terzo e capisci che non s’è chiuso niente!!!! Allora, o scrivi un altro libro, e peró diventa una “quadrilogia” e ‘sta cosa non esiste;o mi chiudi il cerchio, cara la mia sig.ra Ferrante!!!!!
Ma che modo è???
Per carità, pure il terzo libro vola; per carità, tante cose da leggere, da scoprire, da amare, da odiare;
per carità… ma NON si può, e sottolineo NON, finire così…
Io ora devo sapere.
Bello, peró eh, bello. Finisce bene, mi piace, diciamo che è un happy end ma può essere che sia così banale la fine??? Può essere che una scrittrice così arguta, così interessante, così pulita nella scrittura decida di finire una trilogia con il trionfo dell’amore come i più infimi Harmony?! Ma io non ci credo, io non ci voglio credere.
Uscendo dal loop della fine devo dire che anche questo terzo libro è davvero ben scritto, qui siamo alla fine degli anni ’60, inizio e metà ’70 quindi: terrorismo, brigate rosse, lotte sociali. Il tutto vissuto di traverso dalle protagoniste. La solita fastidiosa Lila (personaggio odioso, posso finalmente dire dopo 3 libri) che, però, in questo terzo sfuma, quasi scompare e lascia finalmente la scena alla vera “amica geniale”: Lenù. È lei che si riscatta dal rione, che prende una laurea, che cambia città, che fa un “buon” matrimonio, che un po’ delude nelle scelte di vita ma che alla fine trionfa… con l’amore! Gli uomini anche qui figure marginali, di contorno, visti con gli occhi delle protagoniste, mai in prima persona, mai autonomi. Le ambientazioni variano: da Napoli si passa a Pisa e poi Milano e poi Firenze. I personaggi si moltiplicano con un unico punto fermo: il rione. Bello. Tutto bello. E bravi. Tutti bravi: brava Lenù a riscattarsi, brava Lila a sfumarsi, brava la Ferrante a scrivere, bravi tutti… ma ora la domanda è una ed una soltanto: io come faccio a rimanere su quell’aereo?!