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Occhio alla buca!

Nonostante il post di ieri ho deciso di uscire comunque ieri sera perché avevo voglia di cinema e così, tra i tanti film che ho voglia di vedere, ne ho scelto uno.
Che ho scelto? La buca di Ciprì e per tutte le due ore che dura mi sono chiesta: perché?!
Aiutatemi a dire “brutto”, ma assai!
Lo capisci dai titoli di testa: ma avete mai visto al cinema un film che parte con una sigla tipo Mery Poppins coi fumetti; almeno un film che non sia un cartone animato?! Io no e la prossima volta che dovesse capitare una cosa del genere usciró prima dell’inizio del film. Giuro.
3 personaggi ed un protagonista: il cane, l’unico davvero degno di nota. L’unico.
Se tu guardi gli interpreti ti devi fidare: Papaleo, Castellitto e Bruni Tedeschi, e che vuoi di più?! Ecco, di più vuoi un film non una pseudo favoletta con la morale.
In sintesi: Castellitto avvocato azzeccagarbugli, in cerca di soldi si imbatte in Papaleo, appena uscito di galera per un reato non commesso; il primo ravvede nel secondo una fonte di soldi e comincia la farsa. L’unica donna, ovviamente, aiuta i due a capirsi e ad apprezzarsi. Comunque:processo, riconoscimento innocenza, niente soldi. Che c’entra la buca direte voi?! Niente, rispondo io anche se nel finale ha un ruolo.
Non mi è piaciuto niente: ambientato in una strada che sembra Londra nei primi del ‘900 (perché?!); scenografie scure e pesanti (perché?!); personaggi, nonostante la bravura degli attori, forzati e fuori ruolo… tutti a parte il cane (perché?!); il Giudice di Cassazione che pensa alla partita di calcio, macchietta inutile (perché?!); l’happy end d’obbligo pure quello forzato e, più che altro, con una brutta morale: gli onesti diventano disonesti (perché?!).
Forse su tutto questa è la cosa che mi ha dato più fastidio. Ma che mi rappresenta?! Ma che mi vuoi dire, Ciprì?! Va bene il surrealismo; va bene la favoletta; va bene l’ambientazione improbabile, va bene tutto, può piacere o non piacere, ma, per piacere, la morale distorta no! Abbi pietà, se devi fare la favoletta falla fino in fondo.
Che fastidio, che nervi soprattutto perché pensavo: ci sono almeno dieci film che voglio vedere e mi sono decisa per questa inutilità!
Che fastidio, che nervi, che buca clamorosa che ho preso!

Non una sola verità sul caso Quebert

E niente io sono la gioia del marketing; io sono quella che se alla cassa trova la gomma viola, se la compra; io sono quella che se sente parlare del “caso letterario” dell’anno se lo compra.

Io sono quella che si è comprata La verità sul caso Henry Quebert e, vi diró, ho fatto bene.
Ho fatto bene perché se la sera pensi a spegnere la tv prima del tempo per andare a leggere; se ad un certo punto ti accorgi che sono le 2 e stai ancora leggendo; se non vedi l’ora di sapere che altro impiccio nasconde la trama, beh io dico che hai in mano un un bel libro.

La verità sul caso Henry Quebert è giallo, ma non solo: è un libro nel libro.
Protagonista ed io narrante è Marcus, scrittore di successo newyorkese, che incappa nel blocco dello scrittore e, per superarlo, torna ad Aurora (cittadina nel cuore del New Hampshire) dal suo vecchio professore, che rimane invischiato in un caso di cronaca, accusato di un omicidio avvenuto trentacinque anni prima. Parte così un’indagine al fine di scagionare l’amato amico e professore e si scopre più o meno di tutto: chi ha ucciso chi; chi stava con chi; chi sapeva e non ha detto; chi ha gestito male l’indagine perché a sua volta toccato dalla stessa; chi ama; chi non ama; chi picchia; chi mente; chi muore; chi dipinge; chi paga; chi manipola; chi si pensava vivo ed è morto; chi si pensava colpevole ed è innocente; chi si pensava innocente ed è colpevole.

Il libro mi è piaciuto perché non è solo un giallo, con continui flashback si ripercorre la storia della Lolita morta e con essa la storia di un amore, ma si impara anche a scrivere un libro con i 31 consigli che il vecchio prof. elargisce al giovane allievo e amico.

Nora era una bambina ed una donna ed una vittima ed una carnefice (?); Henry è uno scrittore ed un innamorato ed una vittima ed un carnefice (?); Marcus è uno scrittore a sua volta ed un disperato ed una vittima ed un carnefice (?). E poi ci sono Jenny, la povera innamorata non corrisposta; Travis, il poliziotto di provincia; il mostro Caleb; il riccone Stern; e chi più ne ha più ne metta. Storie nelle storie: un impiccio.

Ad un certo punto non ti fidi più di nessuno e quando pensi che hai capito… eccolo là, arriva il colpo di scena e capisci che non hai capito una mazza, come succede nei gialli con la G maiuscola.
Se lo cominci lo devi finire e pure di corsa. E poi, quando lo finisci, pensi che ha ragione Henry, che dice a Marcus, “un bel libro è un libro che dispiace aver finito” anche se poi “il libri sono come la vita. Non finiscono mai del tutto”.

E comunque l’assassino è…paura eh?!