Hai capito la Mongolia?! 

Dunque, io ho questo amico, di cui ho già parlato varie volte, con cui condivido la passione per i libri.Più che altro lui me li consiglia e, a volte, li abbandona e io li finisco. 

Lui mi consigliò Il potere del cane, mio libro preferito, e varie altre letture non altrettanto fortunate.

Quarta è stata la volta di Yeruldegger – morte nella steppa di Ian Manook.

Ma che vi devo dire? Fico, assai fico.

Trattasi di un poliziotto ma mongolo.

Ora questa è un’assoluta novità perché gli omicidi ed i gialli possono essere, voi mi insegnate, tutti uguali ma l’ambientazione mongola è un’assoluta novità.

Bisogna trovare gli assassini di una bimba morta cinque anni prima e ritrovata da una comunità di nomadi che affidano l’anima della bimba stessa al poliziotto; e di due cinesi con altrettante prostitute, morti in un modo a dormire poco splatter.

Il poliziotto si affida ad un’ampia squadra composta da altra poliziotta, da un medico legale, sua amica particolare; e varie figure di contorno.

Non vi dirò molto della trama perché, sebbene ben articolata, è comunque la trama di un giallo che starà a voi seguire; la cosa che mi ha colpito di più è stata senz’altro l’ambientazione e tutto quello che essa ne comporta. 

Nel giro di un mese ho sfiorato la Mongolia ben due volte: prima andando in Russia e scoprendo che distava da me poche ore di treno; poi con questo libro.

Bè non è che parliamo degli USA, la Mongolia è una meta quanto meno insolita.

Ho scoperto così, grazie al libro, che trattasi di una terra ricca di tradizioni che Yeruldegger si trova, insieme ad i suoi compari, a vivere prima ed a raccontarci poi. 

Ho appreso che i mongoli a colazione mangiano pane con panna e marmellata di mirtilli; che la loro bevanda preferita è il the al burro salato; che vivono nella yurta, nella quale però bisogna seguire una serie di simbolismi tipo: entrare con il piede giusto, non portarvi armi, non fumarvi dentro… il tutto per non inimicarsi gli spiriti; c’ha hanno tutto un rituale per i funerali durante i quali è proibito piangere. 

Nella steppa poi si impara a combattere con gli orsi, a non farsi uccidere dai serpenti, a guarire dalle scottature e dalle infezioni.

Insomma il libro, con una scrittura pulita, veloce, per niente esagerata, a volte decisamente cruda (direi anche un po’ splatter) ci descrive tutta una serie di luoghi e tradizioni ai più (soprattutto occidentali) assolutamente sconosciuti.

Mi è piaciuto molto, è stato davvero bello entrare in un mondo lontano anni luce dal nostro.

Per quanto riguarda la storia: l’impiccio c’è e posso tranquillamente affermare che… non finisce qui!

Buona lettura. 

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