“L’ho finito?!”
“Quale?”
“L’ultimo di Manzini, Pulvis et umbra”
“Ma quanto ci hai messo?!”
“Quanto ci vuole per non finirlo subito!”
Non l’ho letto, effettivamente, l’ho centellinato perché proprio non mi andava di far uscire Rocco dalle mie serate, dal mio letto, in un paio di giorni perché tanti ce ne sarebbero voluti se avessi dato retta alla voglia di finirlo.
Rocco è un amico che ritrovi troppo volentieri. Ora poi che ha anche la faccia di Giallini (anche se per me l’ha sempre avuta pure prima della fiction) è ancora più amico.
Quanta malinconia in questo libro.
La rottura di coglioni del decimo grado è l’omicidio di un trans ma un impiccio grosso, più grosso della piccola Aosta, molto di più. Roma – Aosta- Roma con la macchina e la piccola Lupa come fosse un giro di Raccordo per Rocco.
In questo libro mi ha fatto tanta tenerezza perché è sempre meno “accompagnato” e sempre più consapevole della fine di Marina. Si affacciano vecchi e nuovi personaggi nella sua vita: Gabriele, l’adolescente “bullizzato” vicino di casa è di una dolcezza infinita; Caterina è… lasciamo stare; Sebastiano, Bizio e Furio sono i suoi amici di sempre e “per sempre” anche se su questo si comincia a dubitare; Gianni e Pinotto della Procura fanno troppo ridere… insomma, la squadra c’è ed è fortissima.
La spiegazione dell’uso dello “sticazzi” andrebbe insegnata a tutti quelli che pretendono di parlare romano pur non essendoci nati.
Quando il libro finisce pensi “noooo, e ora?!”… e ora si aspetta come sempre ma con più ansia perché lasciare Rocco lì da solo è stato un colpo stavolta.
Anto’, vedi che puoi fare!
PS: una piccola parentesi, ho dovuto girare due librerie per trovare il libro, il che è bellissimo, solo che poi pensi “comunque Rocco c’era anche prima della TV, cari amici”… ma l’importante è che la gente legga, chi dà l’input diventa indifferente.