Io ve lo dico, il premio Campiello non delude mai.
L’Arminuta è un grandissimo libro.
Bello, bello, bellissimo.
Un pugno allo stomaco, uno di quelli che “mi metto a letto alle 22.00 così leggo un po’” e a mezzanotte e mezza spegni, per tenerti le ultime 40 pagine per il giorno dopo.
L’Arminuta in dialetto abruzzese è quella che ritorna ossia una bambina di 14 anni che torna alla casa paterna dopo essere stata cresciuta dagli zii in non si capisce bene quale città, forse Pescara.
Già a pagina 10 ti si stringe il cuore con lei che, appena entrata a casa (quella che dovrebbe essere sua) scende con il papà “adottivo” perché a casa sua non vuole restare.
Una storia terribile di abbandono è l’Arminuta ma anche di tanto amore. E sì, perché l’arminuta perde una mamma ma trova una sorella, Adriana, la vera forza del romanzo. Una ragazzina di 10 anni con una saggezza popolare che la rende molto più che adulta. Si legano e tali resteranno fino all’ultima pagina.
Insieme alla sorella un numero non meglio precisato di fratelli, sui quali spicca Vincenzo e del quale preferisco non dire.
C’è poesia, delicatezza, amore, tristezza nelle pagine di questo romanzo.
C’è un profondo senso di solitudine, che poi se ne va anche se mai del tutto.
C’è un segreto che non ti aspetti da scoprire e poi una verità da accettare.
Ci sono così tante cose in così poche pagine che te lo fanno divorare in un baleno, questo piccolo grande libro.
Buona lettura e complimenti sempre al Campiello: non ne sbagliano uno!