Era un po’ che non andavo al cinema ed in una giornata afosa, come quella di domenica, l’aria condizionata della sala devo dire che è stata di sollievo.
Era un po’ che non andavo allo spettacolo delle 16.30, circa 20 anni, ma dovendoci abbinare un aperitivo era necessario. E, vi dirò, forse pure meglio perché il film mi ha messo una tale ansia che, se fossi andata di sera, non so se avrei preso sonno.
Era un po’ che non vedevo un film che mi incollava alla sedia senza guardare l’orologio.
Era da un po’ che non vi dicevo di aver visto un film che mi è piaciuto: Senza nessuna pietà a me è piaciuto. Davvero.
Ammetto che ci sono andata solo per la mastodontica presenza di Favino, che io adoro. Diciamo che con quella faccia buona, con quelle spalle possenti, con la sua voce cavernosa è il mio ideale di uomo. Bello, bello pure con 20kg di più, e bravo bravo, oserei dire bravissimo.
Il film è lui che nell’arco di poco meno di due ore proferirà si e no 50 parole.
Il film è lui; è la sua prorompente fisicità; sono i suoi occhi da bambino; la sua barba da orso; le sue mani da muratore; la sua indole gentile.
Per tutta la durata della pellicola ho provato una pena infinita per quest’uomo (Domenico detto Mimmo) e lo so che è un film, ma mentre lo guardi mica pensi che Mimmo in realtà non esiste, mica pensi che poi esci dal cinema ed è finito tutto.
E no, non ci pensi, e allora per me il film è riuscito.
E’ riuscito a catturarmi con la ragazza bellissima e volgare, buona e vittima delle circostanze; con la donna delle pulizia cubana, splendida e gentile, disponibile e forse innamorata; con il figlio del boss cattivo, meschino, brutale, maledetto; con l’amico serpente e mafiosetto; con il boss fifone e grande solo grazie alla disperazione degli altri; con una fotografia straordinaria; con una regia appassionata; con un’ambientazione sufficientemente squallida.
E’ riuscito ad attaccarmi alla sedia e non farmi pensare ad altro che a Mimmo e Tania e alla loro favola ed ad un auspicabile (solo per il mio inguaribile romanticismo) lieto fine che poi non so se arriva, cioè io lo so perché il film l’ho visto, voi no perché non l’avete visto e allora andate, guardate e poi me lo raccontate.