Tutto d’un fiato si legge questo libro sebbene diverse siano le espressioni in napoletano e a volte si fa fatica a capirle ma il napoletano è divertente e così la scrittura. Oddio, divertente non è la parola adatta per questo libro che è drammatico, parecchio, ma non si può dire che non sia anche pieno di speranza.
Parte dalla fine e lo si capisce al secondo capitolo che torna indietro di una settimana.
La storia è quella di Gennaro, detto Genny (che chi vede Gomorra come me ha un tuffo al cuore), un ragazzino con una mamma malata; ma è anche la storia della poliziotta Irene e della di lei figlia Tania.
Genny è un bravo ragazzo, coinvolto in una brutta storia; Tania è una brava ragazza, ma sfortunata; Irene è una madre disperata.
La vita dei tre si incrocia, si incastra.
È ben scritto, piacevole, triste, commovente, divertente.
È da leggere e quando inizi lo devi finire. Subito.
Devi sapere se prevale la disperazione o la lucidità; la vita o la morte.
E così lo cominci e non lo molli finché non finisce.
Il libro poi è Napoli con tutta la sua bellezza e tragicità: con i vicoli, il Vomero, il mare, la Camorra e la brava gente; con il Pipita che segna gol e, dopo aver letto il libro, ti spieghi un po’ meglio la disperazione dei tifosi per il suo passaggio alla Juve; con il caffè e la sua schiuma, che non se ne può fare a meno.
Insomma, leggetelo, ne vale la pena.