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Non ti pago

Di nuovo teatro Argentina, di nuovo Edoardo De Filippo, di nuovo uno spettacolo bello.In questo periodo sto un po’ in fissa con Napoli: trovo bellissima la città; trovo divertenti i napoletani; trovo geniale il teatro di Edoardo.

La commedia Non ti pago rientrava tra le videocassette che io e mio fratello guardavamo da piccoli: avevamo queste videocassette degli spettacoli di Edoardo e Non ti pago era tra queste.

Non ne ricordavo bene la trama ma è esilarante direi: un tipo, proprietario di un banco lotto, pur giocandoci costantemente, non riesce a vincere una lira diversamente dal suo lavorante che, settimanalmente, ottiene una vincita; fino a che il papà del proprietario, va in sogno al solito vincitore dandogli numeri per una quaterna che gli consente di vincere bene quattro milioni. Apriti cielo! Il padrone del lotto non si rassegna dal momento che il padre, che ha dato i numeri in sogno, era il suo, nella casa che era la sua, ma nella quale è andato a vivere l’altro.

Vabbè, più facile a vederlo che a raccontarlo ma vi assicuro che fa morire dal ridere.

Ovviamente il tutto in napoletano con: attori bravissimi, scenografia favolosa e abiti perfetti.

Ci sono delle battute da lacrime tipo: la pretesa del proprietario di avere i soldi perché il padre s’è sbagliato in sogno dal momento che era sbadato pure da vivo; oppure questo padre che va in sogno a tutto il vicinato per dare spiegazioni perché non conosce il nuovo indirizzo del figlio; l’avv.to che sbrocca perché dovrebbe portare in tribunale testimoni morti.

Una battuta dietro l’altra, due ore di pure spasso.

Stare all’altezza di Edoardo non è facile ma la compagnia di Luca De Filippo ci riesce benissimo, sono tutti bravi.

Tra tutti spicca, senz’altro, il protagonista e la di lui moglie che interpreta perfettamente la madre di famiglia sempre fulcro delle commedie di Edoardo, con questi uomini un po’ fissati (e uno con il presepe e uno con il gioco del lotto) che fanno impicci e poi la matassa sempre la donna la deve sbrogliare.

Tra l’altro, per gli amanti de I Bastardi di Pizzofalcone, sapere chi è il protagonista qui?! L’attore che interpreta Pisanelli.

Qui l’allestimento non è stato straordinario come in Natale in Casa Cupiello, la commedia non è stata rivista ma è fedele all’originale ed assolutamente all’altezza dello stesso.

Insomma, bello. Consigliato. Da vedere.

Il teatro è vivo, viva il teatro.

Ps: ricordate che l’altra commedia di Edoardo era stata messa in scena da Antonio Latella e vi avevo consigliato di seguirlo?! Bene, sarà al Teatro India con Ma’. Ovviamente io vado. Seguitemi.

La casa di Bambola 

Che vi dicevo l’altra settimana? Che se uno va a vedere uno spettacolo con un dato attore, poi si aspetta di vedere o un suo monologo o uno spettacolo in cui il suddetto attore la faccia da protagonista.

E questo è quanto è successo nello spettacolo al teatro Argentina La casa di bambole con Filippo Timi.

Lui, protagonista assoluto, con una fantastica comprimaria che appunto è la Bambola.

Una premessa è d’obbligo: non ne so niente di storia del teatro. Quindi, non avevo idea di cosa volesse dire vedere questo spettacolo di Ibsen, da lui scritto ad Amalfi nel 1879 (ho studiato!).

So però di aver visto un bellissimo spettacolo.

Intanto il mio lato fashion è stato straappagato, ma tipo dal primo minuto: appena entra in scena lei con un vestito rosa cipria (colore peraltro attualissimo) che è la fine del mondo, ma lei ci regala anche due splenditi soprabiti, un completo giacca e gonna ed un colorato vestito da popolana; e i vestiti perfetti di lui, due uno più bello dell’altro (come lui del resto!); e della cameriera; e della bambina; e dell’amica Christine; e poi il vellutato l’arredamento che è fantastico. Insomma, a costumi e scenografia nulla nulla nulla da dire.

E che vogliamo dire qualcosa agli attori?

Ma proprio no, se non un: BRAVI, a parte la bambina (vestita e acconciata perfettamente ma che speriamo nella vita decida di appassionarsi ad altro!).

Sulla trama io non vi dico niente perché immagino sia nota a tutti e se non lo è documentatevi, che non è che vi posso stare a raccontare la storia del teatro che, tra l’altro, come detto: ignoro. (Vi ho aggiunto il link per aiutarvi, perché sono buona comunque!).

Per il resto: Timi, uno e trino, bravo che levati e bello che non si può guardare, con questi vestiti che gli cadono perfetti. Bello e bravo da marito, amante e amico. Esce da una porta che è tizio e rientra da Caio. È davvero esagerato e anche, in parte simpatico, cosa che, ascoltando le reazioni degli altri spettatori all’uscita del teatro, forse non doveva avvenire. Comunque lui bello e bravo, l’ho già detto?! Ve lo ridico: bello e bravo.

Così come lei, Marina Rocco che interpreta Nora, fantastica nella parte. Scema al punto giusto ma poi scema per niente. È la giusta protagonista.

Brava anche l’amica Christine e la tata con i suoi detti popolari.

Lo so, ho usato troppe volte gli aggettivi “bello” e “bravo” ma non mi viene in mente altro nelle varie declinazioni tra maschile e femminile.

Insomma, esci e dici: ecco cos’è il teatro quando è fatto bene, perché esci e sei pieno di colori, emozioni, parole.

2 annotazioni:

1) ma possibile, spettatori tutti, che non riuscite a stare più di un’ora senza guardare il cellulare? A parte gli squilli, che vabbè, ma assurdo vedere ad un certo punto ‘ste luci che illuminano la platea;

2) a teatro, si sa, si va in inverno e i malanni sono in agguato, allora ho una proposta: perché non distribuire caramelle per evitare quei fastidiosi colpi di tosse? Pensiamoci.

Detto ciò, vi ribadisco: il teatro è vivo, viva il teatro!

Lacci

Dunque, se c’è una cosa che mi manda ai matti è la presa in giro quindi, se mi scrivi “Silvio Orlando in Lacci”, io mi immagino di spendere 30€ per vedere uno spettacolo dove Silvio Orlando non dico che faccia un monologo ma quasi.Mi immagino uno spettacolo in cui lui reciti per almeno il 90% dello stesso, non forse per 15 minuti.

Ma andiamo con ordine.

Io leggo di questo spettacolo ed è stata praticamente una corsa ad accaparrarsi i biglietti perché lo spettacolo é al Piccolo Eliseo e, grosso modo, in quello della parrocchiella sotto casa si sta più comodi.

Ma comunque la corsa, acchiappo i biglietti in fila T (le file finiscono alla U) e comincia uno slalom tra le capocce, per lo più color cenere, per vedere lo spettacolo, che ti frega perché all’inizio parte bene.

In scena Orlando (muto) e la di lui moglie (bravissima): lei gli recrimina una serie di cose e, devo dire, che questa è stata la parte più bella dello spettacolo (nonostante la maleducazione dei ritardatari che hanno fatto un party nelle ultime file!) e ti frega perché sta all’inizio quindi tu chissà che ti aspetti… e niente ti devi aspettare, proprio niente!

La storia è un classico: lui che prende una sbandata per un’altra, se ne va, e si racconta il difficile rapporto con la moglie ma soprattutto con i figli.

Silvio Orlando presente/ assente: bravo bravissimo, come al solito, ma poca roba. Troppi altri attori, alcuni anche piuttosto inutili.

La trama è di un angoscioso nichilismo che ne sarebbe bastata la metà, non si salva niente, nessun rapporto: di coppia; madre/figli; padre/figli merita salvezza.

Paradossalmente, l’unico rapporto che sembra vero è quello di lui con l’amante: Orlando che lo descrive è incoraggiante, poetico, quest’ansia di stare con la donna amata è bella. Peccato che la donna amata sia l’amante e dai e dai l’amore per i figli prevale.

Poi, di nuovo, altri personaggi: la moglie; il vicino; i carabinieri (!); i figli, sui quali voglio calare un pietoso velo, mi permetto appena di suggerire, per le prossime repliche, di cambiare il look alla figlia perché così risulta davvero poco credibile, oltre che brutta.

Abbastanza carina è la storia dei “lacci” peccato che poi anche quella non è esattamente come sembra e si perde nel mare magnum della depressione.

Ora mi toccherà leggere il libro più che altro per capire se quello che è appena accennato nello spettacolo sia evidente nel libro, ossia il punto di vista di lui, il protagonista, che nello spettacolo si confonde anche con quello del gatto.

Insomma, un deciso e secco NO ma soprattutto NO alla presa in giro: il mandare avanti il nome di un artista, per poi non appagare il pubblico, è una tattica quanto meno meschina.

Tanto le serate sono tutte sold out, non cambia niente ma almeno la mia l’ho detta.
Buona visione.

Bravo Alfredo

Solita amica mia meravigliosa: “Allora il 6 gennaio non prendere impegni che c’è una sorpresa per te! Ho preso dei biglietti!” Io: “ok!”

Sono brava, non guardo in tutti i teatri di Roma per vedere cosa mi aspetta, fino a che un’altra amica, un po’ meno meravigliosa, mi fa scoprire la sorpresa.

E vabbè, fa niente perchè anche sapere in anticipo, e non lì davanti, che avrei visto Mastandrea a teatro mi è sembrato un privilegio per pochi.

Oggi è il 6 gennaio, abbiamo beccato l’orario (e per chi legge il blog sa a cosa mi riferisco!) ed io sono una persona felice di aver visto cotanto spettacolo.

Vi dico anche che siete piuttosto fortunati perché, rispetto all’altro, questo è in scena da ieri ed avete tempo fino al 22 gennaio per vederlo.

Dunque, affrettatevi a fare il biglietto.

Lo spettacolo si intitola Il migliore ed è un monologo di Mattia Torre interpretato da Valerio Mastandrea e non so immaginarmi nessuno meglio di lui.

Valerio è bravo, da tempo penso sia un dei migliori attori italiani ma lo avevo visto solo al cinema, bè a teatro è “di più!”.

Il monologo è perfetto: triste, comico, coinvolgente, travolgente, lungo il giusto, con delle battute geniali.

I 70 minuti, senza intervallo, scorrono veloci tra risate e, volendo, lacrime o comunque degli “ohhh” che si fanno strada tra i colpi di tosse degli spettatori (al riguardo, un piccolo inciso: è inverno, fa freddo, l’influenza è in agguato per cui se avete la tosse portatevi acqua e caramelle. Non potete dare il tormento agli attori ed agli altri spettatori!).

Tornando a Mastandrea, è fantastico: parte da sfigatone e diventa il migliore con piccole fortuite mosse. Segue un po’ le indicazioni del mio post sui “buoni propositi”: aiutati, che Dio ti aiuta!

Mattia Torre non lo conoscevo come autore, chiedo venia, ma giuro e stragiuro che lo seguirò senza tregua.

Vi lascio qualche annotazione che capirete solo dopo aver visto lo spettacolo: il tiramisù è vita; il quasi ambo NON esiste; ho deciso di farla finita, fallo; sto per fare una cosa che se la ricorderanno le future tue 10 generazioni; ciao Alfredo.

Io dico alla mia amica: “sempre inesorabilmente GRAZIE!”; a voi: “Affrettatevi!”

Il teatro è vivo, viva il teatro!

Buona visione.

Nuovo Natale in Casa Cupiello

Io: “Amica, che ne dici di un Capodanno a teatro?”

Amica: “Sì, bello. Ora cerco”

Dopo qualche giorno.

Amica: “Ho visto che fanno Natale in casa Cupiello all’Argentina”

Io: “Bè, magari a Capodanno no ma andiamoci un altro giorno”

Amica: “Ok, l’ho preso per il 29 dicembre”

Io: “Ah, perfetto!”.

Arriva il 29, facciamo giro shopping al freddo e al gelo ed alle 20.15 ci presentiamo a teatro. Chiuso. Lo spettacolo era alle 17.

Non buona la prima.

Chiamiamo e ce lo spostano al 3 gennaio, con una piccola penale.

Ci presentiamo il 3 gennaio, l’orario è quello giusto.

Buona la seconda.

Mi dispiace solo perché se lo avessi visto prima questa recensione l’avrei scritta prima e magari qualcuno in più lo avrebbe visto e invece finisce oggi.

Mi dispiace per voi perché questo Natale in casa Cupiello di Antonio Latella è incredibile, spettacolare, inquietante, emozionante, bello.

Vi dico subito che se siete amanti dell’opera classica dovrete affittarvi un dvd perché qui non c’è neanche l’ombra di Edoardo De Filippo nè di Pupella Maggio ma proprio per questo mi è piaciuto infinitamente lo spettacolo.

Loro sono unici ed irripetibili ed il rischio, nel guardare queste opere, è sempre quello di ricercarli. Qui è impossibile.

L’opera si apre, ed è tra tutte la parte che mi è piaciuta di più, con tutti gli attori schierati che raccontano e recitano la sceneggiatura dello spettacolo senza perdere le battute fondamentali e note a tutti.

Poi ci sono: musica assordante, una carrozza, animali di pezza (fatti benissimo peraltro), trans, angeli, suore, Il barbiere di Siviglia, risate, lacrime, animali (veri!), o’ presep’ ma vivente!

Vi dico: una cosa dietro l’altra, un’emozione dietro l’altra.

Partecipato, coinvolgente, travolgente, bello (bis, ve l’ho già detto ma ve lo ridico!).

Prima di iniziare ne preannunciano la durata: 2h e 50 minuti e pensi: “Maronna!” (per rimanere in tema napoletano); finisci e pensi: “è già finito?!”.

Mi spiace per chi non ha fatto in tempo a vederlo, vi invito a monitorare il sig. Latella che decisamente merita.

Un’unica annotazione: gli animali vivi, ma in scena mangiano, mi sono consolata così che sia stato meno traumatico per loro.

Il teatro è vivo, viva il teatro!

Passaparola 

E sono giorni che sento parlare che di tradimenti.Un continuo.

Quello che vuole tradire, quello che vuole essere tradito, quella che vorrebbe ma non può, quella che può ma non vorrebbe.

Un continuo. 

Tanto che penso che sia “normale” o meglio mi viene da pensare che sia anormale non avere, ad un certo punto del rapporto stabile di coppia, voglia di farlo.

Dopo tutto questo parlarne vado a teatro e che ti vedo?! La commedia “Coniugi”.

Devo dire divertente, molto.

E di che parla?! Ma di corna, perché laddove ci sono coniugi potenzialmente ci sono corna.

Lo spettacolo è al teatro Dei servi nel cuore di Roma e merita di passarci una serata.

Gli attori sono bravi e divertenti.

Il grande Berto è esilarante.

La procace Patrizia è brava. 

Il napoletano Saverio perfettamente in parte.

La svampita Luana giustamente scosciata.

È carino, leggero, lungo il giusto, con flashback, propri di una pellicola cinematografica, che movimentano lo spettacolo.

A teatro ci si va poco. 

Sbagliato. 

Bisogna farlo: intanto perché capisci veramente la bravura (o meno) degli attori e poi perché manca il filtro della pellicola con la storia e questo ne fa la forza.

A fine spettacolo gli attori ci hanno invitato al “passaparola” laddove lo spettacolo ci sia piaciuto; o a farci “i cazzi nostri” in caso contrario. 

A me è piaciuto, quindi scelgo la prima. Andate che c’è ancora per 15 giorni; e se non siete di Roma venite a fare i turisti che in quel teatro ci cascate dentro. 

Daje!